Pietre in viaggio. La Certosa di Pavia

Giovedì 10 luglio alle ore 21 prende il via la programmazione dei “giovedì del Museo e dell’Ecomuseo” dell’estate 2025, incentrata sul tema del viaggio.

Presso l’Antica Latteria, in Vicolo XI, 11a, verrà infatti inaugurata la mostra “Pietre in viaggio. La Certosa di Pavia” con fotografie di Tatiana Ferrario, dando continuità alla proposta del 2024 che aveva presentato le pietre dei laghi al Cimitero Monumentale di Milano”.

L’apertura della mostra, allestita al piano terra dell’Antica Latteria, sarà preceduta dalla presentazione dell’insigne monumento a cura dello storico dell’arte Gian Vittorio Moro e da un approfondimento sulle pietre utilizzate nella sua costruzione e sull’organizzazione degli approvvigionamenti a cura dell’archeologa e coordinatrice dell’Ecomuseo Elena Poletti.

L’esposizione sarà visitabile fino al 31 agosto nei giorni di giovedì, venerdì, sabato e domenica ore 15-18.

La mostra fotografica “Pietre in viaggio. La Certosa di Pavia”

Una trentina di scatti di Tatiana Ferrario, fotoamatrice e ricercatrice di testimonianze del passato da catturare con l’obiettivo, offre uno sguardo sul complesso della Certosa di Pavia, il monumento che, a partire dal 1396, in seguito a un voto espresso dalla moglie di Gian Galeazzo Visconti, fu costruito come grandiosa celebrazione della dinastia dei duchi di Milano.

Oltre che per la rilevante ricchezza artistica, determinata dall’impiego delle migliori maestranze presenti nel Ducato e attive anche nel Duomo di Milano, la Certosa si propone quale interessantissimo esempio di cantiere costruttivo che, richiedendo ingenti quantitativi di pietra, attinse a diverse zone estrattive, offrendo, soprattutto nella facciata, un campionario litologico policromo dalle provenienze disparate.

Le prime aree di approvvigionamento lapideo furono il Verbano con la pietra d’Angera e l’Ossola con i serizzi, il marmo “bastardo”, termine utilizzato nei documenti per indicare la varietà estratta nelle cave di Ornavasso, di cui furono per lo più fornitori gli imprenditori della famiglia Ronchi, e, in misura minore, il marmo di Candoglia acquistato direttamente dalla Fabbrica del Duomo di Milano e trasportato da Milano a Binasco lungo la rete dei navigli.

A partire dal 1473, con l’avvio della costruzione e decorazione della facciata, i monaci certosini con gli architetti Solari, riorganizzarono le forniture rivolgendosi a due diverse aree di cava principali. Da un lato stipularono un contratto pluriennale (rinnovato nel 1492 e protrattosi fino agli inizi del Cinquecento) con Veneranda Fabbrica per l’acquisto di importanti quantitativi di marmo di Candoglia, destinato al rivestimento. In questa nuova fase le forniture presero a percorrere una via diretta per Pavia tramite il Ticino, senza la tappa intermedia a Milano.

Accanto al marmo ossolano la committenza e le maestranze optarono per il più pregiato marmo di Carrara per la statuaria, instaurando rapporti commerciali con vari imprenditori e cavatori apuani e intermediari genovesi o lombardi. In questa fornitura, unica in area padana per quantità di materiale acquistato, il materiale lapideo giungeva dalle coste tirreniche circumnavigando l’Italia fino a Venezia e, da qui, prendendo la via fluviale del Po e del Ticino.

Oltre a queste principali varietà, nella facciata furono utilizzati per alcuni dettagli i marmi neri di Saltrio (presso Viggiù VA) e di Varenna (lago di Como) e porfidi rossi e verdi di provenienza greca, tratti dallo spoglio di monumenti d’età romana.

La rassegna di pietre provenienti dai nostri laghi è completata dalla serpentinite nera di Oira, che fu utilizzata agli inizi del novecento per i restauri, in sostituzione del marmo nero di Saltrio, poiché più duratura. La scelta di questo poco noto giacimento sito sul lago d’Orta nell’omonima frazione a lago di Nonio si deve all’architetto di origine omegnese Luca Beltrami che diresse i lavori.